L’esperienza del museo nell’epoca della sua digitalizzazione

App, smart museum e mostre experience. Cosa rimane dell’aspetto tradizionale delle opere esposte e l’arte può continuare a stupire anche senza supporto digitale? 

Nel 1935, Walter Benjiamin è stato illuminante con il suo breve, ma intenso saggio. Ne “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, il filosofo ha spiegato come la riproducibilità tecnica possa far perdere l’autenticità dell’opera d’arte, legata al consumo di massa.

Oggi, la stessa riproducibilità si è evoluta in un’ottica digitale e con essa anche la massa, colpita da una miriade di stimoli che arrivano dagli accessori che la tecnologia ha sviluppato e fornito.
Nella stessa dimensione, si colloca il museo. La “Casa delle Muse”, come comunemente veniva definito nell’antica Grecia, conserva in sé opere che raccontano la storia dell’uomo, la sua fantasia e il suo genio.
Il museo ha subìto un’evoluzione incredibile di accessibilità e inclusione, trasformandosi sempre più in uno spazio interattivo nel quale i visitatori vivono un’esperienza istruttiva e insieme ludica. Insomma, un’esperienza unica. 
Con l’avvento dell’esperienza multisensoriale, il museo è diventato uno spazio in cui la cultura è di tutti. Ma il rischio di perdere l’aspetto autentico dell’arte è dietro l’angolo.

SMART MUSEUM O MUSEO TRADIZIONALE?

Quando si accede in uno spazio espositivo, cosa accade nei visitatori? Cosa rende la fruizione dell’arte un momento speciale? A queste domande rispondiamo soffermandoci su un nuovo concetto, quello di Smart Museum, il museo intelligente. Insomma, l’Intelligenza Artificiale indossa i panni artistici per fornire una mediazione alternativa a quella tradizionale, tra opera, artista e fruitore.
I visitatori vengono ingaggiati dall’arte attraverso l’uso di tecnologie che amplificano i loro stessi sensi durante la permanenza all’interno del museo.

Touchscreen, video multisensoriali, riproduzioni in 3D. Questi sono alcuni esempi di come è stata data una “spolverata” all’arte e alla cultura, implementando una trasformazione a passo con i tempi. Si pensi al Museo di Belle Arti di Budapest, dove è stato presentato un touchscreen da recordlungo 15 metri, grazie al quale i visitatori possono ammirare fino a 300 opere tra dipinti, sculture e altri pezzi della collezione. Un altro esempio è l’Unseen Art, nata da un’idea lodevole del designer Marc Dillon che, attraverso una campagna di raccolta fondi, ha riprodotto grandi opere realizzate con le stampanti 3D per avvicinare i non vedenti all’arte.

L’ambiente diventa interattivo e multidimensionale. La mostra si trasforma in un’occasione in cui i visitatori confluiscono nell’arte in modo diverso e personalizzato, senza sentirsi esclusi. Arrivano in aiuto le App, strumenti addizionali sviluppate per dare informazioni maggiori rispetto al proprio sapere, o alla guida in carne e ossa, o alla mera didascalia accanto all’oggetto che si osserva. Ad esempio, il Getty Museum di Los Angeles o il Metropolitan di New York, caricano online le immagini delle opere.
Hanno un’interfaccia chiara e sono user-friendly. Basta scaricare l’App ad hoc e, in pochi passi, si accede a nozioni relative al mondo dell’arte e, nel caso specifico, al museo che si sta visitando.

Dunque, è cambiato l’approccio e il modo di intendere il museo e l’arte, dove la fruizione è diventata sempre più digitale. Tuttavia, occorre ricordare che rimangono strumenti nelle mani degli uomini, nella fattispecie nella direzione del museo o nel curatore della mostra. Detto in altri termini, bisogna trovare il modo di sfruttare al meglio queste possibilità, rispettando il luogo espositivo.   

MOSTRA EXPERIENCE O FRUIZIONE ANALOGICA?

Partendo dall’idea di smart museum, ribadiamo che tutti devono avere la possibilità di accedervi. In quest’ottima, il supporto digitale è fondamentale.
L’utilizzo di tecnologie all’interno del museo è un modo per avvicinare e coinvolgere un pubblico più ampio e diversificato, soprattutto più giovane, motivato dall’aspetto di entrainment. Si pensi al trend del momento: la mostra experience.

La mostra experience è una rappresentazione multisensoriale dell’artista e delle sue opere. permette ai visitatori di vivere. È lontana dai canoni tradizionali delle mostre, ma è coinvolgente e non trascura l’edutainment, finalizzato ad educare divertendosi.  
Esperienza dell’arte o arte experience? Apparentemente non sembra ci sia una differenza se non linguistica.

In realtà sì. La differenza sta nel fatto che l’arte in sé si sveste della materia e della forma, il museo fisico scompare e al loro posto entra uno spazio diverso in cui il visitatore intraprende un percorso immersivo e multimediale che gli fa vivere un’esperienza totalizzante e unica nel suo genere.
Un’esperienza inedita in cui la relazione con l’opera d’arte non è prevedibile e soprattutto non coinvolge solo lo sguardo. Alcuni artisti sono già stati protagonisti di questo genere di mostra: Klimt, Caravaggio, Chagall, Van Gogh e Monet
Tuttavia, un’immagine trasmessa su uno schermo, per quanto l’effetto scenico sia incredibilmente affascinante e speciale, può far comprendere l’opera dell’artista? 

Ora, se da un lato l’introduzione delle tecnologie di fruizione dell’arte rende la mostra più interessante e coinvolgente, ci potrebbe essere il rischio che proprio la stessa innovazione introdotta possa distrarre i visitatori che si concentrano ancora su una fruizione analogica dell’arte. Molti rimangono sorpresi ed entusiasti, altri criticano questa spettacolarizzazione dell’arte.
Dunque, si può percepire la stessa sensazione sia che stiamo di fronte alla ricostruzione in 3D del Colosseo, sia che stiamo visitando fisicamente lo stesso? Lo scenario di risposte è aperto.

CHE SIA DIGITALE O TRADIZIONALE, L’IMPORTANTE È L’ESSENZA DELL’ARTE

È difficile prendere una posizione e dire se sia giusto o sbagliato l’uso di nuove tecnologie all’interno dei musei. Ciò che non bisogna peò sottovalutare è la sensazione che il visitatore prova.
È qui risiede anche l’essenza dell’arte. Se, nell’atto dell’osservazione dell’opera – che sia una statua in marmo, un dipinto o una tavola multimediale – il fruitore sente, anche in minima parte, ciò che voleva trasmettere l’artista, allora si coglie ugualmente il messaggio che ha l’opera.

Non si può arrestare la strada della digitalizzazione, anzi. È un aspetto che incide positivamente sull’aspetto sia educativo che di coinvolgimento da parte dei visitatori. Non solo gli esperti apprezzano l’arte. È giusto che i musei accolgano pubblici eterogenei, con competenze e conoscenze differenti. Tuttavia, non bisogna trascurare l’arte tradizionale che da sempre viene apprezzata. 

Quindi, se da un lato l’aurea – su cui Walter Benjiamin ha riflettuto – è venuta meno con la riproducibilità tecnica, dall’altro quella parvenza di autenticità non deve sfuggire completamente.  

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