Festa della donna e l’insostenibilità di chiamarla tale

Festa della donna
l’insostenibilità di chiamarla tale

Stamattina ho pensato fosse stato proclamato l’ennesimo – mortacci vostra – sciopero della nota e quanto mai bestemmiata azienda di trasporti pubblici di Roma.
Invece no. Lo sciopero è globale.
Tante le iniziative per l’8marzo (tra cui l’ingresso gratuito nei musei).

A parte che con lo sciopero non posso neanche aderire alle manifestazioni tra cui quella sopra citata (che poi dovrei prendermi un giorno di ferie per sentirmi speciale in quanto donna perché il MiBACT mi concede l’ingresso gratuito ai musei?!) è davvero necessaria questa attenzione mondiale in un unico giorno?!

Partiamo dall’hashtag scelto per i social. #lottomarzo.
Quindi la lotta – non sia mai che si chiami festa con mimose e cene trash con spogliarellisti (vabbeh quello non lo sopporto manco io!!) è delineata e circoscritta nel mese corrente.
Marzo.
A marzo, io donna – femmina fa troppo movimento anni ’70 – lotto e alzo la voce contro la violenza maschile.
Poi?
Poi si torna come prima. Te pare?!

Poi non importa che un’altra donna – Beatrice Lorenzin – abbia ideato il #FertilityDay con un’indegna campagna di comunicazione.

Non importa che altre donne nei confronti di altre usino termini dispregiativi come “cicciona”, “cessa”, “acida”, “puttana”.

Non importa che donne che si definiscono amiche poi finiscano per non parlarsi più perché una si è scopata l’ex dell’altra solo per la voglia di pensare “tu non vali un cazzo”.

La violenza non è solo maschile. Non è solo fisica.
È anche femminile. Ed è anche verbale.

Iniziamo da qui.
Con un gesto di gentilezza e un sorriso.
Ogni giorno.

E partiamo anche dai termini. Perché possiamo usare con nonchalance termini come cazzo e poi ci scandalizziamo se sentiamo vagina, ciclo mestruale e sangue?!

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