Sport senza haters, il decalogo di Parole Ostili – INTERVISTA

In ogni campo, purtroppo, c’è un’aggressività e violenza verbale altissima, soprattutto in questo ultimo periodo storico. Anche lo sport non ne è da meno. La lealtà sportiva è solo un vago ricordo del valore che dovrebbe avere chi pratica uno sport.
Poco tempo fa, a tal proposito, ho avuto l’occasione di fare una chiacchiera con Eva Campi, Senior consultant di Network S.p.a. e membro di Parole Ostili.
Per chi ancora non conoscesse il progetto, Parole Ostili è un’Associazione che ha redatto un Manifesto della Comunicazione Non Ostile. Un manifesto che viene declinato, di volta in volta, in settori differenti.
Il documento che, in dieci punti, racconta i princìpi di stile che bisogna adottare, assumendo un impegno di responsabilità condivisa.

Dal bullismo all’odio razziale, fino alla discriminazione di genere. Questi sono atteggiamenti che vanno fermati. Come? Con l’educazione e la gentilezza, prima di ogni cosa. Parole Ostili afferma che nello sport devono esistere gli avversari, ma questi non devono essere nemici. Questo è #LoSportCheMiPiace. Hashtag promosso in concomitanza dalla nuova declinazione del Manifesto di Comunicazione Non Ostile.
La competizione nello sport è fondamentale, tuttavia, gli sportivi devono essere onesti e corretti.

Eva Campi, come è nato il Manifesto della Comunicazione non Ostile dello Sport?

Lo sport è un ambiente per tutti e di tutti. È frequentato da bambini e adulti, da agonisti e non agonisti. Si creano relazioni e amicizie, è fatto di incontri e scontri. Per questo motivo, la dialettica della competizione, il più delle volte, può assumere tinte ostili. Quando accade, purtroppo la funzione educativa e il divertimento che caratterizzano lo sport vengono messi da parte.
Per questo motivo, Parole Ostili ha creato una declinazione sportiva del Manifesto della Comunicazione Non Ostile.
Il Manifesto della Comunicazione Non Ostile Per Lo Sport è un valido aiuto per promuovere e diffondere lo spirito sportivo che unisce le persone, anziché dividerle. Nello sport esistono avversari da rispettare, non nemici da annientare.

Ancora oggi, la differenza di colore di pelle e di genere suscita l’odio nello sport. Perché? 

L’odio appartiene a chi lo nutre. Chi odia, trova sempre un’occasione per esprimere questo sentimento. Sempre riuscirà a sfogare la propria frustrazione e il bisogno di rigettare questa negatività.
Oggi viviamo in un contesto sociale in cui regna “con me o contro di me”. Un dualismo questo che innesca il meccanismo on-off del “vincere o perdere”. E questo porta a includere i simili e a escludere chi è diverso.
L’odio verso l’altra fazione è la rappresentazione della paura atavica di perdere la propria identità. Secondo questa logica, si rimane uniti contro il nemico esterno. In questo scenario, l’ambiente sportivo può cadere facilmente nella trappola di meccanismi psicologici e sociali in cui lo scontro diventa lo scopo e la catarsi. Sembra anacronistico, ma l’odio risulta essere ancora un potente collante sociale.

Qual è la speranza di Parole Ostili?

Si augura che il Manifesto della Comunicazione Non Ostile per lo Sport venga diffuso. Speriamo venga affisso nelle bacheche delle associazioni sportive, nelle palestre di quartiere e delle scuole, negli stadi e nei palazzetti. Speriamo anche che venga pubblicato nei siti ufficiali di federazioni e società sportive.
Le parole, dando forma al pensiero, possono arginare il fenomeno dell’hate speech soltanto promuovendo dei modelli diversi in cui le parole, appunto, contrastano il linguaggio che divide ed esclude.


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