“Sei bellissima”. Quando il complimento è disinteressato (forse)

Sei bellissima. Quando il complimento è disinteressato è ancora più apprezzato. Forse. Dico, il complimento.
Non so quanto possa esserlo stato. Fatto sta che un ragazzo di nome Alì prima di scendere dall’autobus mi ha guardato, mi ha sorriso e mi ha detto Sei bellissima. Così. Semplicemente. Senza chiedermi numero di telefono o contatto Facebook. Nulla. Quindi può un complimento essere disinteressato? Forse. E la colpa potrebbe essere dei mezzi pubblici di Roma. Forse.

Parto dal principio. Sono circa le 23. Terminata una cena tra amiche volo a prendere un autobus. Mica solo uno. E sì, perché se abiti a Roma, è difficile che tu possa tornare a casa con un solo mezzo. Infatti le opzioni erano due prima dello scoccare dei notturni. O autobus e poi metro, con cambio a Termini. O un altro autobus e poi metro fino a casa. Complessi entrambi i percorsi. Chiaro.

Se non hai un tuo mezzo di locomozione privato nella città eterna, hai due alternative. Farti il segno della croce e aspettare i mezzi pubblici. Oppure imprecare e cercare di correre il più veloce che puoi per non perdere il mezzo che ti avvicinerà di più a casa.

Ma andiamo avanti. Calcolando (malamente) i percorsi, scelgo quello più lungo. Non chiedetemi perché. La positività mi ha sovrastata.
“Ma sì, ce la faccio. All’incrocio con il semaforo rosso, corro, attraverso e prendo l’altro autobus. Poi metro”.
Sì, sono una povera illusa.
Ho fatto esattamente quello che la parte di me positiva mi ha spinto a fare. Scendere, correre grazie al semaforo rosso e aspettare l’autobus. “L’app che calcola i tempi e percorsi degli autobus dice 1 minuto. Ci sono. Daje”.
Il minuto passa. Ne trascorrono altri 10.
“Fanculo l’app, l’autobus che non passa e tutta l’amministrazione che fa chiudere la metro alle 23.30 durante la settimana”.
Questo incipit perché serve? Sapete i miei precedenti con Atac (mi ha bannato su Twitter). Tuttavia, ogni tanto e sottolineo ogni tanto, dei ritardi e delle non coincidenze aiutano. Probabilmente se avessi scelto il percorso più semplice, non avrei incontrato Alì.

Ed eccomi al titolo di questo articolo. Ad una fermata, ora non ricordo quale fosse, sale lui. Sembra un modello dal fascino esotico. Sorride. Si passa la mano tra i capelli afroricci e leggermente lunghi. Ha occhi grandi, color castano scuro. Pelle leggermente ambrata. Si siede di fronte a me.
“WAO”. Il mio primo pensiero. Dimentico che ho un’altra scelta di mezzi da prendere. Attesa del primo notturno o corsa per l’ultima metro?
Nel frattempo lui sorride. Mi sorride. Io, tra me e me, penso al fatto che stia sorridendo a qualcuna dietro di me. No. Eccolo lo sguardo che coincide con il mio. Sì, sta guardando me. Mi sta sorridendo. Io sono distratta un po’ sul da farsi. Sono le 23.45. Un quarto d’ora decisivo. “MERDA”.
“Cosa devi prendere?” Mi rivolge la parola. “ODDIO”. Penso. “Eh non so se farò in tempo a prendere l’ultima metro”. Dico.
Avete presente quegli attori stranieri che parlano in italiano che hanno quel nonsoché di affascinante?
“Ma dico io!! Proprio ora che sono struccata, vado di fretta devo incontrare lui?!”. Continuo a sorridere.

Andiamo avanti. Mentre ci alziamo in contemporanea per scendere dall’autobus. Mi dice: “ti posso dire una cosa? Sei bellissima”. Così. Semplicemente.
“Come ti chiami? Io sono Alì”. Ci stringiamo la mano. Ci sorridiamo. Dico il mio nome.
“Ciao, sei bello. Stiamo insieme. Facciamo dei figli, sarebbero bellissimi. Noi saremmo bellissimi e felici. Formeremmo una famiglia multietnica. E…” No. Non ho detto questo. L’ho solo pensato. Mi sono limitata a “ok… allora ciao!”
Sembra una scena di un film, vero? E no. Tutto vero. Alì, ti rincontrerò mai? Chissà. Ma resta un ricordo. Un’istantanea di vita bellissima.

 

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