Se sei donna e scegli di abortire sei fottuta

Se sei donna e scegli di abortire sei fottuta. Siamo fottute.
La donna che decide di abortire, viene trattata come il peggiore dei criminali a causa di obiettori di coscienza e di chi vuole cambiare la legge 194 sull’aborto.
Non siamo negli anni ’50 in cui la donna non ha diritti. Siamo nel 2019 e la donna che decide per determinate circostanze di abortire, viene abusata psicologicamente e fisicamente.

Spesso penso ad un’espressione che, per via di serie tv, film e romanzi fantascientifici, viene enormemente utilizzata. Sto parlando di futuro distopico. Il futuro distopico è quel momento lontano in cui le storie di donne e uomini sono ambientate in una società in cui – noi spettatori – non vorremmo mai vivere. Il futuro distopico è un’utopia con accezione negativa che pensiamo sia plausibile unicamente nei film di finzione.
Ma quello che viviamo oggi noi donne non è ambientato in un futuro distopico. È ambientato nel presente. Nel nostro presente. E questo non può essere ignorato o immaginato come parte della sceneggiatura di un film o una serie tv pluripremiata.

ABORTIRE: UN INCUBO AL QUADRATO PER LA DONNA

Non voglio fare la femminista incazzata che ce l’ha con la società fallocentrica. Ma purtroppo non mi resta che farlo. Sono una donna e voglio che i miei diritti vengano rispettati. I miei come quelli di tutte le donne. Anche di quelle donne che stanno al fianco dei sostenitori del Family Day, di Simone Pillon e di chi vuole modificare la legge 194, perché, anche a una di loro potrebbe capitare di dover abortire. Anche a queste donne potrebbe capitare di vivere una disavventura come quella che ho letto in un gruppo su Facebook.
Si chiama Il Super Specializzando e raggruppa esperienze di chi studia medicina, chi è già dottore o di chi si sta specializzando. Ma anche di chi vuole condividere una storia in forma anonima. Perché spesso la stampa non dà voce a quelle che possono sembrare storie ordinarie, quasi marginali.
Grazie al mio ragazzo – dottore che mi ha fatto scoprire questa grande community – e al mio blog, tendo di dare voce a questa storia, sperando di suscitare interesse, qualche domanda e un briciolo di coscienza.

Una donna ha vissuto sulla propria pelle una disgrazia ingiusta e disumana per sé e per il suo nucleo familiare. Una storia che solo a leggerla viene voglia di armarsi di lancia fiamme ed eliminare tutti coloro che vogliono modificare la legge sull’aborto. Ma ricordo a me e anche agli altri che non siamo in un film d’azione in cui è possibile polverizzare leghisti pro-vita.
Mi aggancio a quanto detto poco prima ricordando le affermazioni del senatore Simone Pillon. Quest’ultimo ha annunciato la possibilità futura di modificare la norma sull’interruzione volontaria della gravidanza. Il leghista ha dichiarato che “purtroppo oggi non ci sono i numeri in Parlamento” ma ha promesso: “ci arriveremo, come è successo in Argentina”. (Queste sono dichiarazioni di qualche giorno prima che cadesse il Governo). Insomma, Pillon ritiene necessario proseguire una politica che porti il numero di aborti pari a zero. Vi ricordo, per diritto di cronaca, che la normativa attuale in Argentina, che si rifà al codice penale del 1921, autorizza l’interruzione di gravidanza solo quando frutto di stupro o in caso di pericolo di vita.
Ed è qui che c’è un filo diretto alla storia di questa donna che ha dovuto abortire. Di seguito riporto degli estratti del racconto della donna:

Ero incinta del mio secondo bambino.
Tutto normale, tutto perfetto fino ad un giovedì di giugno: giorno della morfologica in cui tutto è cambiato. 
Il nostro bambino aveva una malformazione cardiaca: agenesia del dotto venoso. In aggiunta ambiguità dei genitali esterni, scroto bifido e ipospadia grave. […]
Come suggerito dall’ecografista sono corsa in un centro diagnostico per effettuare un’amniocentesi d’urgenza dalla quale è emersa una cromosomopatia: microduplicazione 1.1. del 13.

Inizia per la donna una vera e propria maratona drammatica con presenza di ostacoli assurdi:

Un dottorone pediatrico durante l’ incontro mi ha rivolto queste frasi : “Se vuole interrompere, che c’è venuta a fare qui da me? io al massimo posso essere solo il medico di suo figlio, se decide di farlo nascere” […]
Mentre aspettavo, in uno dei tanti corridoi dell’ ospedale, vedo una ragazza fermare un’inserviente per chiedere indicazioni per l’ambulatorio di interruzione di gravidanza, la “signora” le risponde. E poi, guardando me ( con una pancia di sei mesi) e pensando che fossi lì per controlli di routine, dice “eh… La stanza omicidi” ….. le ho solo urlato stronza, in lacrime.
Mi consegnano la famosa pillola abortiva e mi rimandano a casa.

In nome del Cuore Immacolato di Maria, anche il cappellano ha fatto il suo debutto vergognoso in questa faccenda:

13 giorni dopo la morfologica che mi aveva privata di tutto ciò che avevamo desiderato e immaginato. 
Il ricovero avviene nel reparto di ginecologia, in una stanza con una donna nella mia stessa situazione.
Mi sdraio sul letto, sono sola, il primo ad entrare? 

Il cappellano.
Sì il cappellano, che chiaramente non ha evitato di fare commenti su quanto fosse scellerata la mia scelta. L’ ho liquidato rispondendo: ” Sono madre ho già un figlio, so cosa sto facendo. Se ne vada.”

Finalmente la donna viene visitata da una ginecologa che le inserisce gli ovuli per indurre il parto. Inizia così il travaglio doloroso e consapevole. Infermieri e ostetriche ignoranti e insensibili hanno trascurato le sofferenze della donna, in un momento così delicato. Rimasta da sola a “espellere il materiale”.

Conclude la donna dicendo:

Ho scritto questo post con la speranza che le persone sappiano cosa accade nei nostri ospedali oggi, cosa una donna è costretta a sopportare solo per veder rispettato un proprio diritto.

MENO OBIETTORI DI COSCIENZA: VA RISPETTATA LA SCELTA DELLA DONNA

Trauma, violenza, stupro. ha dovuto vivere questa donna. E non è sola a vivere quest’esperienza assurda. Sembra un film, ma un film non è.
Sul portale del Ministero della Salute è stata trasmessa al Parlamento il 18 gennaio 2019 la Relazione che contiene i dati 2017 sull’attuazione della L.194/78 che stabilisce le norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG).
Dal rapporto emerge che dal 1983 l’IVG è in continua e progressiva diminuzione in Italia. Attualmente, il tasso di abortività del nostro Paese è fra i più bassi tra quelli dei Paesi occidentali. In totale nel 2017 sono state notificate 80.733 IVG. Ovvero, si è registrato il -65,6% rispetto al 1982, anno in cui si è osservato il più alto numero di IVG in Italia pari a 234.801 casi.
Nella relazione si indica anche che la percentuale di obiezione di coscienza tra i ginecologi è pari al 68,4%. Esatto! Il 68,4% dei ginecologi in Italia è obiettore di coscienza. Una percentuale troppo alta che spinge spesso a ricorrere ad aborti clandestini. Ancora più grave.
C’è da dire che sulla riduzione delle IVG è inciso probabilmente l’aumento dell’uso della contraccezione d’emergenza e la pillola dei 5 giorni dopo. Queste non hanno l’obbligo di prescrizione medica per le maggiorenni.
Medici, specialisti, dottori, personale non medico dovrebbero pensare e attuare il benessere fisico e psicologico del paziente. In modo particolare delle donne.

Prima di obiettare a priori, andrebbero fatte le dovute considerazioni etiche in merito. Non può esserci una univoca e valida per tutte le donne.
L’aborto è l’unica scelta possibile. Parlo di alcuni particolari momenti della vita, come l’assenza di lavoro, malformazioni del futuro bambino, stato di povertà, rischio di perdere la vita per la madre e per il bambino. Non sono queste cause giuste che potrebbero spingere la donna a prendere una decisione, per quanto difficile, ma coscienziosa?
Ponderata, complessa, che necessita di supporto psicologico concreto, l’aborto è un diritto della donna. E in quanto tale non può esserne privato o causare una corsa a ostacoli fatta di inadeguatezza e disagio per la donna. Non è giusto! Non può essere un martirio.
Secondo Pillon, “la libertà di scelta ce l’hai prima di concepire una vita”. No.
La libertà di scelta della donna deve essere sempre presente in ogni momento della sua vita.
Anche e soprattutto nel caso di un aborto.

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