Okja, una favola tra dilemmi morali, amicizia e avidità umana

Ho appena finito di vedere Okja. E sono investita da mille considerazioni e riflessioni. Mi rivolgo a chi ha Netflix o amici che hanno l’abbonamento. Sì, perché il film, dopo essere stato presentato in concorso al Festival di Cannes, è disponibile sulla piattaforma che ha svoltato la vita di milioni di persone.

Partiamo dal film

Okja è una favola contemporanea basata sull’amicizia tra una bimba coreana Mija e una maila gigantesca. Che a guardarla bene, sembra più un ippopotamo va andiamo avanti.
Nessuna delle due sa che l’animale è destinato ad essere merce della multinazionale alimentare che ha creato la stessa in laboratorio dieci anni prima. Quando viene rivendicato l’animale per essere portato a New York, Mija farà di tutto per salvarla. In suo aiuto arriva una banda di attivisti pacifici che l’aiuteranno. Il gruppo si chiama Fronte Liberazione Animale.
A dirigere il film è Bong Joon Ho che, per quanto sia delizioso, non è riuscito ad amalgamare bene tutti i lati. Si va dalla comicità al dramma fino all’azione. Ma manca il collante. Non basta il cast stellare. C’è la regina del travestimento Tilda Swinton, malefica nel ruolo della cattiva che produce i super-maiali e Paul Dano nel ruolo dell’ambientalista gentile. Intorno a loro Jake Gyllenhaal, Lily Collins, Giancarlo Esposito e la bravissima e giovanissima Seo Hyeon Ahn. Però in realtà, il film si apprezza per altro. 

Etica, liberazione animale e dilemmi morali

Durante la visione del film, che fin da subito sembra un mix tra Il mio vicino Totoro di Hayao Miyazaki e ET di Steven Spielberg, mi colpisce una cosa. Il capo della banda di animalisti chiama il suo gruppo Fronte Liberazione Animale, “nato negli anni ’70”. E qui l’illuminazione. Liberazione animale. Il manifesto di un movimento diffuso in tutto il mondo di Peter Singer. Il libro è stato pubblicato nel 1975 e fin dalla pubblicazione è diventato il testo di riferimento per il movimento animalista.
L’ho letto anni fa durante l’Università per l’esame di bioetica. Un libricino che mi ha fatto passare la voglia di mangiare carne. Ricordo ancora la sensazione di orrore quando ho aperto il frigorifero dopo aver letto il libro. Per almeno dieci giorni di fila non ho mangiato carne. Poi mi stavo sentendo male e ho riassunto nella mia alimentazione la carne, ma davvero in piccole dosi. Così, sempre meno negli anni a seguire. No, non riesco a rinunciare completamente. Crocifiggetemi veg di tutto il mondo! Sono calabrese e non sono ancora pronta a tutto ciò.
Dicevo. Liberazione animale ha rivelato le atroci sofferenze che le industrie alimentari e cosmetiche imponevano agli animali. Porre fine allo sfruttamento delle altre specie è necessario anche per la sopravvivenza dell’uomo e dell’ambiente stesso. Una lettura che farebbe bene sia a chi sostiene l’animalismo sia a chi è scettico a riguardo. Un po’ come guardare Okja.
Questo per dirvi che dopo la visione di Okja avrete un cuoricino più dolce. L’avidità di mangiare dieci costolette muterà, ne sono certa. Non sto qui a giudicarvi. Sono la prima a consumare carne. Però, ora come quell’anno lì (in cui poi presi anche 30 e lode all’esame di bioetica) mica ho voglia di mangiare carne.

Film ecofriendly che bacchetta l’industria

Nonostante sia ambientato ai giorni nostri (la ragazza che, nonostante sia in pericolo, si fa un selfie con la creatura gigante in corsa ne è un esempio) Okja guarda al passato. Proprio quello che ha raccontato Singer in Liberazione animale. Un manifesto di quello che accade per l’avidità umana di guadagnare senza pensare alle conseguenze. Senza pensare all’impatto che può avere sulla Terra. Tutto è merce, tutto è vendibile. Non importa dell’amicizia. Soprattutto tra un animale e una bambina. Ci sono delle scene davvero toccanti. Vi scioglierete in un brodo di giuggiole e passerete sopra ai difetti che ha in sé il film.
Quindi, ve ne consiglio la visione. A me è rimasta impressa questa frase. Che poi da calabrese a cui ha assistito anche all’uccisione di un maiale (tradizioni che esistono ancora nei paesi dell’entroterra, state boni haters!) è come un pugno allo stomaco: del maiale tutto è commestibile. Tranne le urla. 

 

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