Il pianto di Teresa Bellanova non è di genere. È umano

Da ieri, ho pensato a lungo al discorso e alla carriera di Teresa Bellanova. E alla sua commozione. Ieri uno dei più interessanti discorsi che ricorderò per quanto riguarda i vari decreti che si sono susseguiti nel corso dell’emergenza Covid-19.

Teresa Bellanova come Madam C. J. Walker

Ho riascoltato nuovamente il discorso di Teresa Bellanova. Mi è venuto in mente solo oggi ad una similitudine.
A marzo, subito dopo l’inizio del lockdown italiano, ho visto Self-made Inspired by the Life of Madam C. J. Walker” su Netflix.
Questa miniserie racconta la storia di una donna che dai campi di cotone del Sud America, è stata promossa a lavandaia. Poi da cuoca è entrata in affari nel settore dei prodotti per capelli, diventando miliardaria. Ve la consiglio! Self-made Inspired by the Lif of Madam C. J. Walker è un prodotto di qualità, dal forte impatto emotivo. Oltre ad essere un ottimo esempio di emancipazione femminile. Inoltre, la protagonista è interpretata dalla straordinaria Octavia Spencer.

Teresa Bellanova mi ha ricordato proprio questo personaggio. Con le proprie forze Madam C. J. Walker, in un mondo di uomini, è riuscita ad abbattere tutti gli steriotipi del tempo.
Lo sta facendo anche Teresa Bellanova. E il discorso di ieri è stato lucido e forte. Umano.

Abbattimento dello sfruttamento, ma ciò che si nota è altro

Dopo una lunga pausa, Teresa Bellanova ha parlato: “per la mia storia, è un punto fondamentale […] da oggi gli invisibili che sono stati brutalmente sfruttati nelle campagne o nelle false cooperative, non lo saranno più. […] Riconquisteranno la loro identità, la loro dignità. […] Da oggi vince lo Stato, perché lo Stato è più forte della criminalità e del caporalato”.
Con quella voce rotta dall’emozione, ho vissuto insieme e accanto alla Ministra il ricordo dello sfruttamento che forse ha vissuto sulla propria pelle. E insieme al suo, lo sfruttamento di migliaia di braccianti non regolari che lavorano in Italia a 2 euro all’ora nei campi di olive, pomodori e arance.

Tuttavia, ciò su cui il pubblico voyeur si è soffermato è sull’aspetto fisico e sull’emozione. Non dimenticandoci che è donna. Mi riferisco soprattutto a chi è carico d’odio, fomentato soprattutto da una coppia di politici che sta facendo propaganda.

Che fine ha fatto l’umanità? Si trova nel girone dell’odio

Tweet e post dedicati ad hoc. Non per il profondo discorso di Teresa Bellanova. No. Ma sulla tinta per capelli della donna. E sul suo pianto, “così femminile”.
Mi ricollego a Self-made Inspired by the Lif of Madam C. J. Walker: “parliamo di capelli: ci umiliano, ci chiamano brutte, ci fanno sentire brutte. Capelli fantastici creano fantastiche opportunità”.
Se qualcuno si sente più forte e sicuro di sé con la messa in piega e la tinta per capelli, perché deve piovere una cascata di insulti? Mi sembra di ricordare l’onda di offese (al contrario) arrivata a Giovanna Botteri poco tempo fa.
È davvero più importante l’aspetto fisico che le parole dette? Si nota di più una tinta appena fatta che l’abbattimento dello sfruttamento dei migranti irregolari?
Passiamo alla commozione di Teresa Bellanova. La cascata di male riversato bruscamente su un sentimento così umano è ignobile e meschino. Basta paragonare l’emotività ad un sentimento per deboli e vulnerabili.
La commozione è uno dei più bei doni che la persona possiede. E non c’è differenza di genere.
Ma forse non tutti sono in grado di accettarlo.
Mi ricollego al post pubblicato da poco sul profilo di Teresa Bellanova: “La forza delle donne, ed anche di molti uomini, è proprio saper piangere: non esiste un “pianto di genere”, perché l’unico genere capace di pianto è quello umano”.

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