Claude Monet al Vittoriano, un romantico “cacciatore” di impressioni

Si è circondato di ciò che gli piaceva e ne ha fatta una professione. Un lavoro stupendo il suo. Cogliere l’impressione di ciò che sentiva e vedeva. E ciò non può che ispirarmi. Ho visto la mostra su Claude Monet al Vittoriano, Ala Brasini.
Mi piace pensare che Monet fosse un romantico dalla profonda sensibilità. Di questo ho discusso con una mia cara amica con cui ho condiviso questa mostra. Non sono una conoscitrice del movimento impressionista. Né di Claude Monet. Ho poche nozioni scolastiche a riguardo. E oggi la mia memoria le ha tirate fuori davanti le circa 60 opere esposte. Ma si può andare aldilà degli studi. Basta sentire l’arte di Claude Monet.

Guy de Maupassant lo definiva come un “cacciatore di impressioni

Il pittore aveva profonda stima della natura. La meditava. E la dipingeva. La sua era una ricerca, una caccia agli effetti di luce e colore che un oggetto poteva avere. È una questione di sensazioni. Di impressioni appunto.
Ora, le impressioni non possono essere sempre uguali. Sono tali in un preciso momento. In quel hic et nunc Monet immortalava su tela una data impressione della realtà. Ma, c’è di più. Un’impressione non può fermarsi. È tale in quel momento, e in quel momento è vera. Ma subito dopo è diversa. Perciò l’artista amava raffigurare lo stesso soggetto in diverse ore del giorno, con diversi effetti di luce.

Ninfee, fiori, salici piangenti, riflessi negli stagni. Ovvero la natura. Aveva una cura meticolosa per il suo giardino. Una tela realistica in cui vedeva ciò che avrebbe dipinto su tela dopo.

«Il mio giardino è l’opera d’arte più bella che io abbia creato»

Claude Monet, dopo aver acquistato finalmente la dimora a Giverny, si è dedicato completamente alla sua arte. Alla sua natura. Armoniosa, profumata, leggiadra. Le piante sono diventate i suoi soggetti preferiti.
Ha anche realizzato un giardino acquatico. Tutto questo perché voleva trasporre ciò che amava – il giardinaggio – nella sua pittura.
Come in natura, Monet ha riportato sulle sue tele i tantissimi colori. Che fossero tenui o vivaci, erano ricchi di luce. E questo attraverso le sue pennellate emerge fortemente.

Non voleva catturare il soggetto in sé. Ma l’impressione che esso gli dava. Quindi quasi mai troverete un soggetto nitido. Fermo. Ma sempre in movimento. Come può essere l’aria. O in continuo cambiamento. Come la luce. Non a caso, l’ultima fase del percorso di Claude Monet è rappresentata dall’arte quasi astratta.

Il pittore ha trascorso oltre 40 anni della sua vita a Giverny. Non gli mancava nulla. Aveva la sua famiglia. Il suo giardino. Le sue tele. I suoi colori.
Non che fosse andato tutto liscio. Negli ultimi due decenni, l’artista ha perso la figliastra Suzanne, la moglie Alice Hoschedé e il primogenito Jean. A gravare su questa serie di lutti, c’è stato l’inizio della Prima Guerra Mondiale  e la sua doppia cataratta.

Le opere provengono dal Musée Marmottan Monet di Parigi e ripercorrono la carriera del maestro dell’impressionismo. Fino alla morte di Monet, molte opere sono state gelosamente custodite nella casa a Giverny. Per far fronte a potenziali (e inutili) critiche, molte opere le ha tenute nascoste. Perché la sua ricerca del bello doveva essere schernita dagli occhi esterni, ignoranti e poco sensibili?

Non ci sono solo opere originali. Ci sono un paio di momenti digital-ludici meravigliosi. Non ve lo racconto. Dovete vederlo voi stessi. Vi posso però dire che vi sentirete di stare in un’opera di Claude Monet.

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